La catena che tiene unito il sistema marino

catena alimentare

Si tratta di uno degli argomenti certamente più discussi nelle scuole primarie e secondarie. Il modo con cui si sviluppano le catene alimentari nel mare e la funzione che assume questa rappresentazione grafica nell’economia sociale dell’uomo sono argomenti assai discussi sino ai 12 anni di età. Da quel momento in poi sembra che i ragazzini abbiano l’intera adolescenza per dimenticarsi di quanto si fondamentale il rispetto delle catene trofiche marine, ma anche terrestri, per la stessa sopravvivenza dell’uomo.

L’essere umano è sempre molto bravo quando si deve predicare, ma molto meno abile nel “razzolare”. E’ questa una delle ragioni per cui ogni anno continuano ad estinguersi centinaia di specie marine, nell’indifferenza di tutti noi. Gli insegnanti non possono rimanere segregati nelle scuole, occorre che una presa di consapevolezza generale sulla centralità di ogni catena alimentare, per cambiare in meglio le sorti dell’umanità.

Non si può limitare il discorso soltanto ad insegnare che esistono degli animali predatori negli oceani, che occupano le posizioni alla base della piramide marina, ed altri considerati “prede”, che invece si trovano al vertice di questa scala alimentare del mare. Il discorso dovrebbe essere molto più ampio e interessare ben altri ambiti del sociale. Si dovrebbe ad esempio sottolineare l’interdipendenza tra gli animali, alla stregua di quello che avviene nella società terrestre dove, indipendentemente dalla scala gerarchica di cui si fa parte, siamo tutti ugualmente legati l’uno con l’altro. Tra i banchi di scuola, così come sul lavoro e in altre occasioni di vita quotidiana, sarebbe giugno marcare l’accento sulla responsabilità che ha l’uomo ogni qual volta interferisce nel sistema di relazioni animali. L’essere umano è avido e ingordo e non si preoccupa di prevaricare sulle altre creature viventi, speculando continuamente sulla morte di animali. Quello che non comprende però è che ogni volta che va a intaccare un tassello di questa meravigliosa macchina acquatica chiamata mare, rischia di ritrovarsi in una fiumara di problemi.

Tra il dire e il fare c’è di mezzo una catena alimentare

I buoni propositi che si raccontano nelle strutture scolastiche non sono seguiti da azioni politiche concrete, atte a punire chi attenta alla distruzione della vita tra gli scogli e la sabbia. I governi di tutto il Mondo sembrano seguire, salvo piccole eccezioni, una linea di condotta piuttosto uniforme, tesa a infliggere piccole multe a chi commette disastri ambientali marini di grande portata, senza mai dare segno importante di favorire la salvezza degli abitanti di mari e fiumi, agli accordi economici stipulati con magnati del petrolio e grandi aziende energetiche, proprietarie di enormi dighe. Fino a quando vedremo il governo prendersela con i piccoli pescatori che catturano i tonni rossi, nascondendo il grande business che lega la pesca di questi grandi predatori in Italia e la commercializzazione del prodotto sul mercato giapponese, sotto forma di sushi? Quando ci accorgeremo che i capitan Schettini manovrano direttamente il timone dei parlamenti di tutto il Mondo?

Le giornate di pulizia della coscienza

Con l’arrivo delle tartarughe Carreta Carreta sulle nostre coste, in particolar modo quelle delle spiagge brindisine e leccesi, le associazioni ambientaliste, sovvenzionate dallo Stato e con testimonial della politica nazionale, fanno a gara per portare le scolaresche sulle rive e ammirare lo spettacolo della schiusa delle uova. Si tratta purtroppo di manifestazioni di facciata, interessate a spiegare il disegno di una catena alimentare subacquea, ma poco avvezze a contrastare sul piano istituzionale i soprusi portati avanti da imprese ittiche, navi da crociera e pescatori di frodo. L’unica associazione che sembra opporsi a questa logica di compromessi e di omertà è Greenpeace. Le loro azioni, spesso al limite della legalità, lasciano intravedere dei piccoli spiragli di luce e la voglia di contrastare degnamente delle multinazionali senza scrupoli, che ci riconsegnano ogni anno un mare sempre più povero, sotto il profilo della diversità.